Tutto in un MMS: Mobilità modello Savena

Sui vari temi che la parola “mobilità” suscita, dopo due anni e mezzo, cioè alla metà del mandato che ci stato dato, come Consiglio di Quartiere abbiamo scelto di fare il punto e di chiedere un rilancio.

Sono stati due anni e mezzo intensi, che hanno visto il Consiglio di Quartiere votare – quasi sempre all’unanimità – numerose prese di posizione, dai cantieri legati all’Altà velocità ferroviaria a quelli del defunto Civis, fino alla proposta di azioni specifiche per la sicurezza pedonale e ciclabile. Ancor di più, se si può dire, questi due anni e mezzo sono stati caratterizzati dalla consultazione territoriale attraverso la quale abbiamo scelto (con la Presidente Virginia Gieri ed il collega Simone Montanari) di andare rione per rione e lì, in loco, parlare di cosa va e cosa non va, cercare soluzioni e proposte prima che esplodano i problemi. L’ultima consultazione l’abbiamo fatta circa un mese fa a Monte Donato, con un’assemblea affollatissima (a occhio c’era quasi un rappresentante per famiglia, o poco meno), conclusasi con la voglia da parte di chi lì abita di costituire un’associazione per mettere “a sistema” idee, proposte e anche – non neghiamocelo! – lamentele.

Qualche giorno fa il Consiglio di Quartiere, come dicevo, ha tirato una prima somma a metà del percorso, e l’ha voluto fare cercando di chiedere un rilancio a tutto campo, per affrontare problemi e sfide della mobilità non con un approccio lamentoso per micro-problemi sotto casa, ma con un’idea precisa nata nella pragmaticità di chi prima vive le cose e poi ne parla, con alcune priorità ed altre azioni da coordinare.

Con l’orgoglio di chi vive in questo bellissimo angolo di Bologna e vuole che domani sia ancora meglio di oggi. E allora, senza neanche un voto contrario come è nello stile del nostro Consiglio di Quartiere, sempre impropontato alla collaboratività, abbiamo approvato tutto questo.

Con alcuni concetti-chiave: rilancio dell’escursionismo e dei percorsi pedonali di vicinato; nuova pista ciclabile San Ruffillo-Mazzini; SFM come cuore e perno del trasporto pubblico, scommettendo più su quello che su lenti ed affollati autobus; conclusione rapida dei lavori per il nodo di Rastignano; riforma “con il cesello” di sosta e sensi unici, senza che sia necessario introdurre strisce a pagamento.

PIANO PER LA MOBILITÀ A SAVENA
proposto all’attenzione del Consiglio comunale e dell’Assessore Andrea Colombo

(il testo che qui riporto è quello dell’odg 10/2014 votato il 13 marzo scorso)

1) Mobilità pedonale

1.1) Approccio politico: anche in una porzione di Bologna non afferente alla Città storica e quindi privo di pedonalizzazione in senso tradizionale, la mobilità pedonale deve assumere un ruolo non secondario sia nella dimensione di vicinato, sia nell’obiettivo di cucire fra loro parti urbanisticamente distinte, sia in quello di favorire una cultura dell’andare a piedi ed un rilancio dell’escursionismo verso la Collina.
1.2) Azione principale: realizzazione di due “capolinea dell’escursionismo” a Savena, corrispondenti a Villa Mazzacorati ed alla cd. racchetta di via Corelli. Da essi, quando andranno finalmente in porto i progetti rispettivamente del Parco dei Camaldoli e della risistemazione ambientale post-cantiere TAV, si dovranno dipartire i percorsi verso i Colli bolognesi da un parte, e verso il Parco dei Gessi dall’altra. Il solo modo perché ciò abbia un senso complessivo nel tessuto urbano di Savena e di Bologna è la realizzazione anche di un camminamento di tipo sentieristico in riva al Canale di Savena (e ricalcandone il percorso ove esso è stato coperto), di modo che i due «capolinea escursionistici» siano collegati fra loro e con il resto della Città.
1.3) Altre azioni: realizzazione, con la collaborazione fondamentale delle realtà associative e commerciali locali, di nuovi spazi urbani “di vicinato”, dove il cittadino possa con serenità fruire di un rione e dei suoi servizi: in questo senso, assume particolare importanza l’idea di risistemazione dell’area della cd. Piazzetta di San Ruffillo, che costituisce un obiettivo primario dell’Amministrazione di Quartiere, e quella dell’istituzione delle “zone 30”, nel rispetto dei criteri di cui si dirà oltre.
Messa in sicurezza del camminamento in riva al Savena che dalla Chiusa di San Ruffillo porta al Paleotto, attualmente in stato di pericolo idro-geologico.
Realizzazione di un collegamento pedonale collinare fra l’abitato di Monte Donato ed il centro di San Ruffillo, in un contesto di sicurezza, anche con riferimento all’espansione presente e futura dell’Istituto comprensivo n. 13 in via Buon Pastore.

2) Mobilità ciclabile

2.1) Approccio politico: anche questa componetene va promossa, tutelata ed incentivata,  nella convinzione che possa diventare un’alternativa valida e credibile al trasporto privato motorizzato. Tale scopo può essere concretizzato solo attraverso il miglioramento della rete dei percorsi ciclabili sicuri, preferibilmente in sede separata ed efficienti, cioè che consentano di raggiungere le principali centralità nell’area urbana.
2.2) Azione principale: realizzazione del collegamento ciclabile fra le due stazioni FS di San Ruffillo e di Mazzini, con un percorso che dal piazzale Anceschi si affianchi alle vie Mercadante e Guanella, attraversi via della Foscherara, raggiunga via delle Armi (dove intersecarsi con un percorso ciclabile già esistente da tempo e finora “isolato”), passi all’interno dell’area verde e sportiva di via Torino, si incroci con via Parisio e, utilizzandone la breve racchetta abbandonata, arrivi all’attraversamento ciclabile protetto di via degli Orti, dove termina attualmente la pista che collega poi alla Stazione Mazzini e alla radiale ciclabile Bologna – San Lazzaro.
2.3) Altre azioni: prosecuzione del lavoro di “cucitura” fra la grande radiale ciclabile Bologna – San Lazzaro ed i rioni che essa attraversa, completandone i collegamenti capaci di raggiungere meglio le parti più attive della Città e le congiunzioni con le parti del Quartiere attualmente non interessate o solo lambite.

3) Trasporto pubblico locale

3.1) Approccio politico: è il Sistema Ferroviario Metropolitano la vera scommessa della mobilità bolognese, in tutte le sue componenti. L’SFM deve essere la perno della trasformazione sia della mobilità pedonale, sia dei collegamenti ciclabili, sia in chiave di alternativa al trasporto privato, sia in chiave di riprogettazione complessiva del TPL.
3.2) Azione principale: nel contesto della medesima somma economica complessiva impiegata, deve essere ridisegnata in modo sempre migliore la relazione di scambio l’SFM e la rete degli autobus, di modo che la seconda abbia un ruolo ancillare rispetto al primo, avendo cioè il TPL a Savena le due Stazioni Mazzini e San Ruffillo come propri poli. Da un parte, occorre migliorare ed infittire orari e cadenze dell’SFM, perché assorba parte del flusso di viaggiatori che oggi usano il TPL su gomma per trasferimenti da una parte all’altra della Città e dell’area metropolitana, e perché assorba parte del traffico privato in entrata a Bologna dalla Valle del Savena (direttrice della Futa) e dal Levante bolognese (direttrice della via Emilia). Dall’altra, è fortemente necessario migliore i collegamenti interni fra l’ex Quartiere Mazzini e l’ex Quartiere San Ruffillo, che tuttora nella topografia delle linee di autobus sembrano entità separate ed attratte unicamente dalla relazione radiale con il Centro storico.
3.3) Altre azioni: realizzare, mediante le azioni già contemplate nelle altri campi di questo deliberazione, l’interconnessione dell’SFM con la rete della mobilità ciclabile e con la riprogettazione della mobilità nelle “zone 30”.

4) Trasporto privato motorizzato

4.1) Approccio politico: la cura delle componenti del sistema di mobilità precedentemente elencate è l’unico modo per cercare di arrivare ad una reale concorrenza fra i diversi mezzi di trasporto, che permetta ai cittadini di avere alternative efficienti ed economiche al mezzo privato. Allo stato, le esigenze di sosta nel nostro territorio sono abbastanza equilibrate, tali da non ritenere necessaria l’introduzione anche a Savena della sosta a pagamento.
4.2) Azione principale: realizzazione di una doppia dimensione del trasporto privato a Savena: da un lato deve essere assolutamente intrapreso uno sforzo decisivo per portare a termine i lavori per la Bretella del Dazio, il primo tratto della variante di Rastignano e la ricucitura ambientale successiva al ventennio di cantieri TAV; dall’altro lato, valorizzare il carattere vicinale di alcune aree mediante l’istituzione di “zone 30”, laddove sia possibile mantenere invariato il saldo dei posti auto e collegarsi con immediatezza all’SFM.
Il completamento dei lavori del nodo di Rastignano potrà mettere fine ai due decenni di disagi per i concittadini residenti nell’area di via Corelli, e potrà finalmente consentire di liberare dal traffico pesante anche di transito zone a vocazione residenziale e commerciale. Inoltre, potrà consentire di realizzare uno dei due “capolinea escursionistici” di cui si è sopra.
Per quanto riguarda le “zone 30”, esse possono essere individuate laddove vi sia una ragionevole dimensione di vicinato da tutelare mediante interventi complessivi di riqualificazione delle strade e dell’arredo urbano, unitamente alla garanzia dell’invarianza del saldo di posti auto e dell’efficace collegamento con le stazioni dell’SFM. Hanno queste caratteristiche: la zona Pontevecchio (compresa fra la ferrovia, via Emilia Levante, via Po e via degli Orti), la zona Bellaria (compresa fra le vie Po, Emilia Levante, Arno e degli Ortolani) e la zona bassa di San Ruffillo (compresa fra la ferrovia, via della Direttissima, via Toscana e via Mascagni).
4.3) Altre azioni: realizzazione ad opera di privati, anche allo scopo di raggiungere gli obiettivi sottesi all’istituzione di “zone 30”, di un nuovo parcheggio pertinenziale sotterraneo in piazza Belluno e di un altro nella zona bassa di San Ruffillo.
Riapertura del tratto interrotto di via Milano, fra via Mazzoni e via Francesco Cavazzoni, con messa in sicurezza di quest’ultima.

Forse Putin non ha tutti i torti. E l’Europa disunita invece sì.

Lucia Goracci in diretta dalla Crimea per Rainews24

Lucia Goracci in diretta dalla Crimea per Rainews24

Quando Lucia Goracci, bravissima giornalista da poco inviata dalla Rai in Crimea, si è collegata in diretta con i suoi colleghi a Roma, nei loro volti si leggeva un po’ di smarrimento. Perché alla domanda “Ma come stanno reagendo gli abitanti della Crimea?” la Goracci ha risposto sostanzialmente “Sono tranquilli e non vedono l’ora che arrivino i russi come liberatori”. Questo forse dovrebbe e potrebbe insegnarci che la realtà in quel grande paese che è l’Ucraina è un po’ più complicata rispetto alla banale favoletta piazza buona vs. Putin cattivo che tanti, più o meno ingenuamente, cercano di farci credere.

Qualche testa particolarmente serie – in primis “Limes” – ci racconta l’antefatto di quello che sta accadendo in questi giorni partendo da diversi anni fa. E fa bene, ma io, non essendone capace, vi rimando all’autorevolezza di quella rivista. Soprattutto per quanto riguarda le idee del presidente russo sull’Ucraina, espresse già nel 2008.

Qui invece vorrei partire da qualche considerazione più alla portata. La prima, è oggettiva, geografica: l’Ucraina è un paese storicamente ed etnicamente composito. Da una parte il suo Ovest, che fu prima polacco e lituano, poi asburgico, poi nuovamente polacco e che vide i russi solo nel 1945. Dall’altra, all’opposto, regioni abitate principalmente da russi, dove questa è la lingua ed il legame con Mosca è sempre, senza interruzioni, l’unico riferimento economico sociale e culturale. In mezzo, attorno a Kiev, una metropoli ed una regione oggettivamente miste, dove è sì forte il legame storico ed economico con la Russia, ma la popolazione è in maggioranza d’etnia ucraina. Ai lati, giù in fondo, c’è la Crimea, abitata da russi, sede della marina militare russa, “regalata” a Kiev da un capriccio di Krusciov, quando questo passaggio era sempre dentro all’URSS e quindi poco più che cerimoniale.

Su questa situazione di tipo balcanico, la Russia (a torto o a ragione) ha da tempo fatto sapere come la pensa. Senza contare che il confine ucraino, in alcuni punti, arriva a meno di 500 km in linea d’aria dalla Piazza Rossa. Che, per un Paese così enorme come la Russia, è come dire che gli è in braccio. Per cui la posizione russa in tutti questi anni è stata: l’Ucraina faccia i suoi commerci con chi vuole, ma rimanendo amica in modo privilegiato di Mosca. Un approccio possessivo, se vogliamo, ma chiaro da almeno un decennio.

A guastare le feste ci ha pensato l’allegra Europa a guida lituana. Il 28-29 novembre scorso a Vilnius, forse memori dei lunghi secoli di dominazione polacco-lituana su queste terre, l’UE propone l’ormai famoso “accordo di associazione” non solo all’Ucraina, ma anche a Moldavia, Georgia ed Armenia – tutti vicini della Russia – nell’ambito di un altisonante “terzo summit sulla partnership orientale”. Ed è bene ricordare quale sia stata la strada fatta dai Paesi che prima di questi erano stati inseriti nella “partnership orientale”: prima associazione economica con l’UE, poi ingresso a pieno titolo nella stessa e nella NATO. Ovvero un’alleanza economica (l’UE) che sottrae spazio commerciale alla Russia; ed un’alleanza militare (la NATO) che vede ancora nella Russia un nemico.

È mancata quindi, ancora una volta, un’affermazione seria di unità europea. Lasciando che, sulla spinta di alcuni paesi (Polonia e Stati baltici) che per legittime ragioni storiche individuano esplicitamente in Mosca un nemico, l’Europa sta da decenni faticando ad individuare quali siano gli interessi suoi, ma intanto lavora lei per quelli di Washington. Perché tutto si potrà pensare dei metodi antidemocratici di Vladimir Putin, ma è difficile pensare che la Russia possa tacere di fronte alla concreta prospettiva che Paese come l’Ucraina – con metà del territorio che parla russo ed a 500 km dalla Piazza Rossa – diventi un satellite militare degli Stati Uniti mediante la NATO. Il metodo di Putin è sguaiato, fondato su una forza militare che probabilmente porterà meno risultati alla Russia di quanti non gliene potrebbe portare una politica d’influenza basata anche su metodi più soft, ma la responsabilità europea c’è ed è enorme.

Enorme in primo luogo perché qualche Stato europeo ha soffiato sul fuoco di un Paese balcanizzato, cercando di usare per i propri scopi politici (ostilità a Mosca) la piazza in rivolta di Kiev (“EuroMaidan”). Con il risultato magnifico di un’Ucraina che si avvia alla spaccatura – di diritto o di fatto non lo sappiamo ancora – come le folle festanti in Crimea che accolgono i russi dimostrano. Se la politica estera europea fosse unica, questo affare sarebbe probabilmente stato gestito in modo meno improvvisato ed astioso. Senza lacerare l’Ucraina, quindi.

Enorme in secondo luogo l’Europa disunita continua a ragionare secondo la divisione di Yalta per zone d’influenza. Si continua cioè fare il gioco degli Stati Uniti, credendo che coincida con il nostro: si continua a vivere l’Europa occidentale come un nemico della Russia, votato a sottrarle territori d’influenza. È un’assurdità completa, ma è ciò che il magnifico vertice di Vilnius (ultimo anello di una lunga catena) ha cercato di fare. (Europa occidentale + Stati Uniti) vs. Russia è una formula che insanguina l’Europa anziché pacificarla. Sarà un caso, ma Yalta è proprio in Crimea: tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine!

Enorme in terzo luogo perché manca una visione strategica degli interessi europei, la quale – fra le tante cose – imporrebbe una politica di collaborazione e buon vicinato con la Russia, anziché il tentativo di espandersi ai suoi danni. Imporrebbe una pianificazione e gestione uniche della politica estera europea. Imporrebbe un rapporto di stretta e forte alleanza con gli Stati Uniti, ma non più dal ruolo di tanti piccoli staterelli quasi vassalli, bensì come continente unito politicamente ed anche militarmente. Tutto ciò invece non succede né accenna ad avvicinarsi.

Dove risiedano difficoltà e nemici di questa prospettiva è la domanda che l’Europa, se vuole crescere, dovrebbe cominciare a porsi. Sicuramente non al Cremlino, però, per il quale un’UE forte con cui condividere un bilanciamento fra potenze certamente non dispiacerebbe.