A Bologna nasca un decentramento cooperativo

Che senso hanno i Quartieri? Per che cosa li eleggiamo? Potremmo farne a meno o, invece, avremmo bisogno di Quartieri “più forti”?

Il passaggio fra anno vecchio ed anno nuovo è una buona occasione per parlarne, dalla via il 2014 corrispondeva al cinquantenario dell’istituzione di questi enti decentrati, mentre il 2015 sarà dedicato – su istanza della giunta Merola – alla loro riforma, la seconda dopo quella degli anni ’80.

Qualcuno ha bollato la proposta attualmente sul tavolo (presentata dall’assessore Luca Rizzo Nervo; qui il testo completo: ) come il tentativo di ridurre i Quartieri ad “animatori sociali”, ovvero poco più che dei comitati o dei dispensatori di benevole pacche sulle spalle. Io credo che chiunque l’abbia letta con onestà (e tutta!) non abbia alcun modo se non la fantasia per giungere ad una conclusione simile. Essa tuttavia, che è assolutamente perfettibile, ci dà l’opportunità di ragionare su ragioni e scopi dei Quartieri cittadini.

1) Perché i Quartieri? Nel senso di: per quali cause?

Per quanto non sia una metropoli, Bologna ha dimensioni sufficientemente grandi da sortire due effetti molto pratici. Il primo è l’impossibilità per Giunta e Consiglio comunali, individualmente ed in rapporto fra loro, di avere una conoscenza capillare di tutto il territorio cittadino, delle realtà che lo animano e di molte situazioni personali e sociali. I meccanismi di formazione ed i numeri dei due organi lo rendono sostanzialmente impossibile.

Il secondo sono le dimensioni notevoli dell’apparato amministrativo comunale (“la macchina”), di fronte al quale i pochi (e passeggeri) politici eletti rischiano di stentare nel suo indirizzo e controllo. La stessa “macchina”, di fronte alla evidente impossibilità a sapere e fare tutto dei pochi politici eletti in Comune (sindaco, assessori, consiglieri), tende inevitabilmente a “completarne” (e talora a sostituirne) conoscenze ed azioni.

Ecco a cosa serve il Quartiere! Esso deve essere un “aiutante conoscitivo”, eletto democraticamente, per il governo la Città, perché le sue dimensioni e la prevalenza della componente burocratica alla lunga non rischino di accecarne l’azione.

2) Quali gli scopi dei Quartieri?

Per molti anni, ed in parte è ancora così, si è pensato e praticato che in Quartiere dovessero starci quei “servizi” che si gestiscono meglio in dimensione locale. Quest’ottica ha sicuramente avuto dei pregi, ma è figlia di un errore annoso: concepire l’amministratore dal punto di vista degli uffici e non dal punto di vista dell’indirizzo e controllo democratico (o, peggio, attribuendo al politico compiti burocratici).

Mi spiego, perché il problema è di lunga data ed assai radicato in Italia. Esistono due dimensioni diverse e collegate dell’amministrare una comunità: la prima è quella di chi dà l’indirizzo, l’impulso, la linea d’azione, e poi controlla com’è andata. La seconda è quella di chi attua e gestisce, sulla base degli indirizzi ricevuti, cercando di garantire un funzionamento efficiente. Le due dimensioni sono correlate, ma non sono uguali. In democrazia, chi detiene la prima è eletto democraticamente e risponde ai suoi concittadini attraverso il voto, mentre chi detiene la seconda non è eletto ma risponde a chi è eletto democraticamente.

Non necessariamente le dimensioni geografiche dell’una e dell’altra funzione debbono corrispondere: si può dare benissimo una gestione amministrativa più centralizzata che risponde agli indirizzi ed al controllo di rappresentanti eletti localmente (è il caso, ad esempio, delle Unioni di Comuni), oppure il contrario (è il caso dei Ministeri).

Io credo che, nel caso del Comune di Bologna e dei suoi Quartieri, sia il momento di spezzare un legame sinora indissolto fra dimensioni geografiche della funzione politica e della funzione amministrativa. La gestione tecnico-burocratica dev’essere organizzata secondo modi e dimensioni che sono ad essa congeniali (e che tendenzialmente sono un po’ più grandi), mentre la funzine politica deve recuperare la capacità di lettura e conoscenza delle situazioni, il che comporta minori dimensioni ed una maggiore ravvicinatezza.

In tanti hanno paura di questo. La hanno molti nostri concittadini senza alcuna carica, che continuano a concepire il compito del politico locale come quello di chi deve risolvere casi personali e specifici. La hanno molti politici locali, che temono di perdere il controllo su cose che erano abituati a gestire, e che sanno che i loro elettori spesso pretendono dal politico ciò che è tecnico, e viceversa. Ciò nondimeno, tutto questo resta da fare!

Io credo che la proposta Rizzo Nervo di riforma dei Quartieri abbia ben individuato questa importante dimensione, ragion per cui la sosterrò. Credo che tuttavia alcune cose possano essere migliorate, per mettere in pratica quanto detto finora.

3) In che modo i Quartieri? Ovvero: come far funzionare una riforma?

Se i Quartieri sono chiamati ad essere “aiutanti conoscitivi e democratici” nel governo della Città, l’ottica da adottare è – permettetemi una sintesi – non più competenze, ma più competenza; non più poteri, ma più potere.

I Quartieri devono poter essere in grado di portare quanto da loro conosciuto ed elaborato fin dentro ai meccanismi decisionali del Comune, fino allo scalino subito prima di chi – essendone responsabile – dovrà decidere. Ciò finora si è tradotto nello strumento (piuttosto blando) dei pareri: ciò non sempre è un male, ma in più servono sedi permanenti di confronto politico nel merito. A Bologna deve significare un rinnovato e più centrale ruolo della Conferenza dei Presidenti di Quartiere, come sede di confronto fra questi è la Giunta, ma anche l’istituzione di meccanismi permanenti di scambio fra gli assessori e chi nei Quartieri si occupa delle stesse materie loro delegate. Si verrebbe così a creare un perno del sistema, agile e non paludato delle lentezze di pareri espressi e spesso ignorati, tutto incentrato sui compiti politici di indirizzo e controllo anziché su meccanismi tecnici e gestionali.

Inoltre, anziché (come si fece in passato) attribuire alla gestione dei Quartieri determinati ambiti e competenze, servirebbe conferire loro la possibilità di dare direttamente agli uffici amministrativi (centrali) un indirizzo e poi di controllarlo, in una cornice giuridicamente e finanziariamente definita e per ambiti che riguardino esclusivamente il territorio locale e le sue situazioni. Penso, per esperienza diretta, all’assurdità di dove passare ogni volta da sindaco, vicesindaco o assessori (ovviamente indaffaratissimi in tutt’altro) per questioni riguardanti una singola strada laterale, un singolo giardino, un singolo edificio da recuperare; o agli innumerevoli dialoghi con tanti (anche ottimi) dirigenti, limitati dal fatto che a loro mancasse un indirizzo preciso e che per noi non fosse lecito dargliene uno. Ai Quartieri invece, in quanto rappresentanti eletti non meno democraticamente di altri, dev’essere data una possibilità di agire concretamente, con gli onori e gli oneri che ciò comporta.

Credo che di strada da fare per i Quartieri bolognesi ce ne sia ancora tanta, perché essi sono tutto meno che enti inutili o superati. Attraverso la riforma ora in discussione, ed in ogni altro modo, abbiamo il diritto e il dovere come cittadini bolognesi di portarli ancora avanti.

Buon anno a tutti!

Edo

Tradurre l’intraducibile

In questi giorni che seguono alla strage di Parigi, se ne sono sentite – specie sui social media – di ogni tipo, e purtroppo molte cose che abbiamo letto hanno scoperchiato intolleranze che chiamiamo “tolleranza”, paragoni più offensivi che arditi, estremismi che chiamiamo “buon senso”.
Io invece vorrei tradurre l’intraducibile, vorrei tradurre una parola tedesca: Annäherung. Parola per cui non abbiamo un corrispettivo preciso in italiano, e che significa capacità di avvicinarsi e comprendere il prossimo ed il diverso. Significa il farsi più vicini di quanto non si sia, che è un processo sempre reciproco e mai individuale. Ecco, io vorrei che – al posto di paragoni offensivi e sequele di intolleranze ed estremismi – acquisissimo la capacità di avvicinarci gli uni gli altri per comprenderci pacificamente. Comportandoci secondo la ragione – che è sempre tollerante e non divide mai il mondo in bianco e nero – e non secondo istinti settari, isolazionisti, benpensanti, …
Mi sa che chiedo troppo. Buon finesettimana a tutti!