Basta papi santi

La notizia che quest’autunno sarà beatificato anche papa Paolo VI, forse un po’ passata in secondo piano ma che sicuramente sarà rilanciata con enfasi all’approssimarsi della cerimonia, credo debba indurre ad una riflessione onesta sull’infornata di canonizzazioni papali di questo 2014.

Non mi pare possa sfuggire il pericolo di un eccesso di incenso verso l’istituzione-papato. Non è infatti un caso se, nel tempo, i pontefici “elevati alla gloria degli altari” siano sempre stati pochi e se, di questi, la maggioranza sia stata riconosciuta trascorsi diversi anni dalla morte. Cioè la linea è (quasi) sempre stata quella della prudenza, per rifuggire dal pericolo di un papa che – canonizzando un suo precedessore – santifichi un poco anche quel ruolo e quindi anche se stesso.

Non pare che l’attuale pontefice la pensi così, se è vero che già due papi (assai recenti entrambi) sono stati elevati a santi questa primavera e che di un altro – Paolo VI appunto – è imminente la beatificazione. Non ho nulla contro Paolo VI, anzi! È la prudenza però ciò che pare mancante in tutto questo: santificando persone che hanno ricoperto la stessa carica poco prima, ed al cui operato si fa esplicito richiamo, il terreno diventa scivoloso verso il baratro dell’auto-compiacimento.

Se contiamo che, poi, anche di Pio XII e del mio conterraneo dolomitico Giovanni Paolo I sono da tempo avviate le cause di beatificazione, potremmo arrivare all’eclatante di risultato che dal 1939 al 2005 il “trono di Pietro” sarabbe santo senza alcuna soluzione di continuità. Sarebbe la prova di un lungo periodo di particolare grazia della Chiesa cattolica, o piuttosto una troppo spettacolare celebrazione di se stessi?

Non è forse un’ostentazione eccessiva più questa sequenza di sostanziali auto-canonizzazioni dell’istitutuzione-papato, che non l’uso tutto formale di un qualche dorato paramento ottocentesco?

Né può reggere il richiamo alla (oggettiva ed indubbia) grandezza ed importanza del Concilio Vaticano II. Infatti, se guardiamo ai concili precedenti (altrettanto grandi ed importanti per le loro epoche), di nessuno troviamo canonizzati o beatificati tutti i pontefici coinvolti, prima durante e dopo il concilio stesso. Attorno al Concilio di Trento (che segnò di sé per secoli la vita della Chiesa) si nota sì un fiorire di santi, ma in ambiti ecclesiali vari e diversi (vescovi, fondatori di ordini religiosi, monache, teologi…), che complessivamente dimostrano una “stagione di grazia” vissuta a quell’epoca dalla Chiesa. Di tutti questi santi, uno solo – Pio V – fu papa.

Quello che mi sembra manchi è un riferimento a forme di santità cui possano guardare come esempio tutti i cristiani, e non solo la ristretta cerchia che (legittimamente) ha possibilità di diventare vescovo di Roma.

A differenza di qualche anno fa, mancano le madri ed i padri di famiglia canonizzati, così come mancano i vescovi, i professionisti, i politici cristiani. Mancano insomma le diverse sfumature del vivere la fede in tutte le dimensioni dell’umanità, mentre è prominente la celebrazione dei soli successori di Pietro, capi del cattolicesimo. Le cause di beatificazione, ad esempio, degli statisti cattolici fondatori dell’Europa unita (il franco-tedesco Robert Schuman e l’italiano Alcide De Gasperi) sono aperte da decenni e rimangono senza esito.

Probabilmente, mi permetto di dire, ci sarebbe bisogno non di meno santi, ma di canonizzazioni e beatificazioni cui tutti i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà possano guardare come esempio per le loro vite, da laici impegnati nel rendere il mondo un po’ più simile al Regno celeste.

Non tanto “basta santi!” quindi, ma “basta papi santi!”. Paolo VI va bene, ma dopo – vi prego – diversifichiamo un po’!

Edo