Anche a distanza di qualche settimana dalla nota sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni, credo sia lecito trarre alcune riflessioni sulla responsabilità politica di chi è investito del governo del Paese e che, volente o nolente, dovrà anche tenere conto dei recenti risultati elettorali in sette regioni italiane.
Senza timore d’insulti, io m’iscrivo a quel gruppo di persone che, già all’indomani della famosa sentenza, ne hanno additato la parzialità e l’iniquità sostanziali, che sfociano – mi permetto di dire – in una sostanziale assurdità giuridica e soprattutto sociale.
Il motivo per me è chiaro e credo vada detto apertamente: non può essere un dato anagrafico a distinguere da una parte diritti che devono essere tutelati ad ogni costo (le pensioni già esistenti, che sono per le persone ovviamente più anziane), e dall’altra meri desideri che si possono travolgere come niente fosse (le pensioni che verranno). Questo è razzismo anagrafico nei confronti di chi lavora o lavorerà, assistenzialismo irresponsabile a favore di chi è già in pensione, senza alcun riguardo per la misura del suo assegno o (figuriamoci!) dei contributi che a suo tempo furono versati. Non credo che questo convenga né piaccia a quasi nessuno, a partire da tanti ora pensionati che con il loro lavoro hanno fatto grande l’Italia degli anni e dei decenni passati.
Di fronte a questa idea, io mi ribello. Non da solo, a quanto pare dalla lettura di persone che è difficile conteggiare fra i sovversori della democrazia e dei diritti. Ricordo questa intervista di Romano Prodi, dove l’ex premier parla (molto educatamente) della Consulta indicando una (mancata) “necessaria cooperazione, volta a regolare i limiti e le prerogative delle fondamentali istituzioni dello Stato”. Non meno autorevole l’intervento (qui il testo) del costituzionalista Andrea Morrone, che fa del testo della Consulta un’analisi giuridica cesellata, giungendo alla conclusione non solo che si tratti di qualcosa di profondamente ingiusto, ma soprattutto che vadano introdotti limiti all’incidenza delle sentenze nel bilancio statale.
Quello che interroga poi la politica e, oggi in particolare, il partito di governo, sono decisioni come questa, che mettono in discussione il ruolo stesso del legislatore di individuare lui dei compromessi accettabili ed adatti ai tempi fra diversi diritti e valori. Se è il giudice (chiunque egli sia) a stabilire su cosa e come i diversi interessi d’un Paese vadano bilanciati, al legislatore (chiunque egli sia) quale compito resta? Anche di fronte all’imperante cristi di fiducia nella politica, è una domanda che le persone oneste devono porsi.
Non vi è dubbio che alla giustizia, costituzionale in particolare, spetti una funzione di garanzia e controllo anche pregnante della politica; non vi può neanche essere spazio però per confondere il criterio (sacro in democrazia) di incostituzionalità con quello di non convenienza o di disaccordo per una parte della società.
Questa è una sfida che l’attuale Governo ha preso di petto, secondo me con la consepevolezza della sua importanza complessiva: restituire un ruolo ed un rispetto sociale alla politica in Italia. La marea montante dell’astensionismo purtroppo è il segno che questa linea non ha (ancora) convinto appieno, ed anzi incontra delle difficoltà. Se da un lato chi sta a casa dal voto sceglie di autoescludersi dalla vita civile del Paese ed al contempo di intestarsi il peggioramento della sua crisi sociale, è altrettanto vero che è responsabilità di chi governa convincere chi non vota, con dei buoni risultalti, a tornare sui propri passi. Chi si astiene viene meno ad un suo dovere verso sé stesso e la società, accampando però verso la stessa tutti i diritti che gli spettano; chi governa però non si può permettere di venire meno al proprio dovere di farlo con disciplina, onore ed onestà, altrimenti la fiducia ed il ruolo dei rappresentanti del popolo diventeranno sempre più un lontano ricordo.
A questa pur nefanda sentenza ed agli sconcertanti dati di partecipazione elettorale venga – questo è il mio augurio – una risposta sempre più chiara e sempre più forte: un buon governo che produca frutti e che renda l’Italia più onesta, più equa e più moderna. Alle alternative, per il momento, è meglio non pensare.
Edo
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Altri link a commenti sulla sentenza 70/2015 della Corte costituzionale:
Intervista ad Elsa Fornero: http://www.linkiesta.it/elsa-fornero-pensioni-giovani
Intervista a Pier Carlo Padoan: http://www.huffingtonpost.it/2015/05/22/pensioni-padoan-consulta_n_7419070.html