Quella che segue è una mia riflessione tecnica, ed estramente sintetica, sulle competenze del nuovo Senato italiano, così come disegnato dalla riforma che andremo a votare nel prossimo autunno.
1) Il contenuto: un Senato fortemente europeo
La funzione del nuovo Senato quale sede di raccordo fra gli «enti costitutivi della Repubblica» (Stato, Regioni ed Enti locali) e l’Unione europea appare un aspetto tanto saliente quanto trascurato della riforma costituzionale. In realtà questa riforma è il primo tentativo di costituzionalizzare l’appartenenza europea dell’Italia, ed in particolare di costituzionalizzare i meccanismi pratici di appartenenza. Come ha scritto il sen. Roberto Cociancich (capogruppo PD in Commissione politiche europee), il nuovo Senato sarà un’istituzione che prende atto dell’esistenza di tre livelli legislativi (Regioni, Stato, UE) e avrà il compito di tenerli raccordati.
In base al nuovo quinto comma dell’articolo 55 della Costituzione il Senato della Repubblica «rappresenta le istituzioni territoriali». Il comma individua poi le funzioni del Senato, fra le quali, a seguito delle varie modifiche apportate, ci sono:
– concorso «all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea»;
– partecipazione «alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea»;
– verifica dell’ «impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori».
Si tratta quindi di competenze che danno al nuovo Senato non solo ruolo legislativo, ma un attivo ruolo politico anche oltre il circuito dell’approvazione di atti normativi: in questo senso finalmente trovano spazio nella Costituzione italiana concetti quali la formazione ed attuazione delle politiche europee e la verifica dell’impatto di queste sui territori.
Ulteriori spazi in questo senso sono previsti anche col nuovo articolo 80 della Costituzione, che prevede per le «leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea» un’approvazione bicamerale, e quindi un pieno concorso del nuovo Senato in questa materia, su piano di parità con la Camera dei deputati. Questa stessa importanza dell’assemblea senatoriale è conservata dall’articolo 70 anche per la «legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea».
Alla luce di questi elementi, si può dire a ragion veduta che il nuovo Senato sarà una Camera dell’Europa, secondo un modello che possiamo definire pienamente “italiano” per la sua peculiarità, ma altrettanto “europeo” per gli eventi richiami ad altre esperienze costituzionali. In particolare possiamo individuare due punti salienti:
- attraverso il nuovo Senato le autonomie locali potranno intervenire direttamente nel procedimento legislativo, su un piano di parità con la Camera dei deputati, in tutti i principali atti normativi che attengono l’appartenenza europea dell’Italia;
- il nuovo Senato sarà inoltre anche sede di un’elaborazione politica del raccordo fra Stato, autonomie locali ed Unione europea, oltreché della sua verifica.
Entrambe queste dimensioni, per la loro innovatività, richiedono una classe dirigente locale e nazionale che si dimostri all’altezza.
I poteri e la composizione del nuovo Senato saranno infatti il primo caso in Italia di compenetrazione fra i diversi livelli della rappresentanza: se prevarrà un meccanismo di cooperazione inter-istituzionale avremo di fronte un caso di successo, ma se si comincerà ad approfittare di questi spazi, dove Camera (legata al Governo nazionale) e Senato (legato ai risultati elettorali regionali) sono alla pari, per mettersi i bastoni fra le ruote, allora sarà facile constatare l’insuccesso di questo modello. La riforma dà infatti per sottinteso un elevato livello di lealtà e collaborazione fra diversi livelli di governo (e quindi possibili diverse maggioranze politiche), che solo la storia ci consentirà di verificare.
Altrettanto innovativa è la seconda dimensione, quella politica e non normativa: a differenza che in altri Paesi ed al livello dell’Unione, in Italia l’attività parlamentare sembra troppo spesso esaurirsi in quella di produzione di leggi. Il nuovo Senato chiama anche qui ad un salto qualitativo della democrazia parlamentare, verso funzioni che appaiono più moderne ed europee, ma il cui successo dipenderà senza dubbi dalla maturità delle classi politiche future.
2) Uno sguardo oltre confine: regionalizzazione ed europeizzazione delle camere alte
Quella della specializzazione europea di una “camera delle autonomie locali” non è certamente un’invenzione italiana. Se dal punto di vista della nuova composizione del Senato italiano un’analogia non trascurabile può rinvenirsi nel Senato francese (art. 24 della Costituzione del 1958) ed ancor più nel Consiglio federale austriaco (artt. 34-35 della Legge costituzionale federale), da quello della compartecipazione di una camera parlamentare delle autonomie al processo decisionale nazionale in materia europea la comparazione più significativa si può fare con i modelli tedesco ed austriaco.
Un parallelo con il Bundesrat tedesco si può fare non tanto per la composizione (è infatti una camera alta formata dai soli Governi dei Länder) quanto per la specializzazione europea. Dopo alcune riforme costituzionali (la più importante delle quali del 1992) sono stati introdotti specifiche competenze della camera regionale tedesca in materia europea:
– un dovere d’informazione del Governo federale verso il Bundesrat rispetto agli affari inerenti l’Unione europea;
– un procedimento di coinvolgimento preventivo del Bundesrat nella formazione della posizione nazionale tedesca sulle specifiche questioni a livello europeo;
– la necessità dell’approvazione del Bundesrat nei procedimenti legislativi che riguardano le modalità di partecipazione della Germania all’Unione;
– la creazione di un’apposita formazione europea del Bundesrat – la «Europakammer» – specializzata per i temi europei e le cui decisioni valgono come quelle dell’intero organo.
Le competenze e la grande specializzazione accumulate dal Bundesrat tedesco per le questioni europee fa sì che possa parlare di un pieno coinvolgimento dei governi regionali tedeschi a livello europeo, insieme (né oltre, né contro) al Governo nazionale, secondo un’ottica di federalismo cooperativo tipica della Germania postbellica.
Anche in Austria dopo il referendum per l’adesione all’UE (1994) fu introdotta nel testo costituzionale un’intera sezione dedicata ai rapporti con l’Europa (artt. 23A-23K), poi in altre occasioni aggiornata, che tra l’altro disciplina nel dettaglio il coinvolgimento del Consiglio federale (la camera alta eletta indirettamente dai Parlamenti dei Länder) relativamente non solo ai procedimenti legislativi di ratifica e recepimento, ma soprattutto nella fasce ascendente, cioè nel corso della formazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione.